Breve racconto di un trasloco all’insegna del Feng Shui
“Se la signora va a letto con la bussola dobbiamo trovarne una” ha detto Giuseppe Currà facendomi letteralmente morire dal ridere.
Era il terzo giorno del mio trasloco, nel luglio più caldo e appiccicoso che si possa immaginare, con la vecchia casa ormai disfatta e quella nuova ancora da fare perché i muratori avevano sbagliato metà dei lavori. L’unica stanza più o meno agibile, con i muri dipinti del colore giusto e il parquet appena lamato, era la mia camera da letto. Logico quindi trasportare lì dentro i vari mobili tra cui una stupenda testata a onda disegnata negli anni Cinquanta da mio padre, che sarebbe stato un bravissimo architetto se il nonno non l’avesse costretto a laurearsi in ingegneria. Ho sempre adorato quella testata che ha due pesantissimi comodini di marmo incorporati per cui deve essere fissata alla parete con quattro robusti ganci.
I ragazzi della San Siro Traslochi avevano già cominciato a prendere le misure per fare i buchi col trapano sull’unica parete in cui si poteva mettere la mastodontica testata del papà. “Siamo sicuri che sia a nord?” ho chiesto. Io che credo nel Feng Shui, ovvero l’antica arte geomantica cinese che insegna a organizzare lo spazio abitativo in modo armonico e benefico per la salute fisica e mentale. Gli esperti dicono che si dorme meglio con la testa a nord e i piedi a sud. Dicono anche che non ci vogliono specchi in camera e io ne ho un’intera collezione, ma sull’orientamento del letto non me la sentivo di rischiare. È cominciata così una discussione impiccata.
“Signora, questa è l’unica parete su cui può mettere una testata del genere” ha detto il vice di Giuseppe. “Se vuole metterla accanto alla porta le sego via i comodini” si è offerto uno dei ragazzi. Il terzo ribattezzato “Mister Muscolo” per la sua capacità di sollevare pesi indicibili con una mano sola, ha scosso la testa con aria rassegnata. In effetti proprio quel mattino gli avevo strillato contro “Non entri nel cerchio” paralizzandolo sulla porta della mia nuova casa in cui stavo compiendo un rito di purificazione che consiste nel fare un giro in senso antiorario con un pentolino in cui brucia dell’incenso. Bisogna girare in ognuna delle stanze, passando bene il fumo nei vari angoli che incontri per poi tornare al punto di partenza e chiudere quindi una specie di cerchio energetico. L’ho imparato in Grecia da un’adorabile vecchietta che tutti consideravano una maga e che cucinava da Dio. A sentir lei prima di cacciare le energie negative dalla sua casa faceva impazzire perfino lo yogurt e il miele delle sue api era amaro. Perché non crederle, dico io. Solo nessuno deve entrare nel cerchio finché non hai finito il rituale e pazienza se poi i traslocatori ti prendono per matta.
In compenso non han fatto una piega davanti alla mia scarpiera che all’epoca conteneva 750 paia di scarpe e adesso ne ha 65 in più. Non han detto niente neppure davanti alle 200 e fischia scatole di libri che mi hanno aiutata a preparare mentre sui servizi di piatti e bicchieri si sono impuntati: ha fatto tutto un signore calabrese che poi ho scoperto essere il padre di Currà.
L’unica cosa che si è rotta è la tazza in cui ho bevuto il caffè nella mia vecchia casa ormai pronta per il trasloco. Ovviamente l’ho imballata io di nascosto dai ragazzi della San Siro che altrimenti non me l’avrebbero fatto fare. Sono piuttosto inflessibili su questo punto ma hanno un karma positivo con le portinaie: l’attuale Anna mi ha chiesto il loro indirizzo per sua figlia, mentre quella della vecchia casa che era una simpatica rompiscatole ha detto peste e corna dei traslocatori della nuova inquilina della mia vecchia casa. Andarsene da lì non è stato uno scherzo: nove piani a piedi con tutti i miei mobili compreso un divano enorme e pesantissimo.
D’altro canto era impossibile mettere la scala perché davanti c’era una specie di pensilina larghissima e nel cortile interno non potevano entrare né macchine né furgoni. Un incubo a esser proprio sinceri anche se in fase di preventivo avevo minimizzato dicendo che avevo scale e ascensore di sevizio con accesso su un’altra via. Giuseppe ha chiesto e ottenuto i permessi dai vigili su entrambe le strade, per cui sono riusciti a sgombrare tutto a tempo record. Una volta qui è stato più facile ma scioccante: a un certo punto mi è sembrato che un orco vomitasse mobili e scatoloni dal balcone della sala. Sono quasi svenuta per il caldo e la fatica ma soprattutto per l’angosciosa domanda: dove diavolo metto tutta sta roba. Eppure la nuova casa è molto più grande, ha una stanza e un bagno in più per non parlare della cucina che è letteralmente il doppio dell’altra.
Il vero problema è che qui c’erano già mobili e cose dei miei genitori che, sommate alle mia, hanno trasformato la casa in un apocalittico scenario del programma di Real time intitolato “Accumulatori seriali”. Ci ho messo un sacco per capire cosa tenere e cosa buttare, a essere proprio sincera lo sto ancora facendo ma adesso non ho la tabella di marcia della San Siro da rispettare. Sarò per sempre grata a Giuseppe che mi ha convinta a sistemare la mia amata libreria della Driade in corridoio e non nella parete dello studio che confina con il bagno. “Si fidi – ha detto – devo usare dei tasselli lunghissimi perché ogni mensola d’acciaio regga 80 chili come dicono su Internet. Rischiamo di beccare una tubatura e allora sì che ci sarebbe da svenire”.
Aveva ragione, al solo pensiero mi sento male. Ha anche trovato la soluzione per i 20 centimetri di armadio che crescevano e mi ha convinta a tenere in soffitta la porta della sala che io volevo buttare via e che invece ho appena rimesso togliendo l’inutile libreria cinese che avevo piazzato lì davanti chiudendo il buco con un pannello di legno tagliato a misura dal ragazzo della San Siro. Giuseppe consigliava di far coprire il tutto in cartongesso, ma un amico che vive in Vietnam mi ha impedito di farlo: secondo la versione locale del Feng Shui non bisogna mai murare una porta, blocchi per sempre l’energia.
In effetti oltre a vendere la libreria cinese per una cifra insolitamente alta, adesso ho un corridoio molto più luminoso e gradevole. Mi piace molto anche la camera da letto dove non ho mai fatto agganciare la testata alla parete perché nessuno aveva una bussola a portata di mano e io non riuscivo a decidermi. Quella notte ho dormito benissimo un po’ perché ero stanca morta per il trasloco e un po’ perché si è poi scoperto che la maledetta parete è effettivamente a nord. Soprattutto ho capito che la testata non era stata disegnata per la mia stanza ma per quella dei miei genitori in cui adesso ho fatto lo studio. Giuseppe l’aveva detto subito, ma mi ha portato ugualmente la bussola e non ha neppure riso sotto i baffi quando gli ho chiesto di portare la famosa testata nel magazzino di un amico che gentilmente la ospita per evitarmi di finire nella versione italiana di un programma sugli accumulatori seriali.
Daniela Fedi, giornalista